DSA

Lo Studio Psiche, tra le sue tante offerte, integra nuove attività/servizi, di gruppo e  personalizzate, per la crescita personale e il potenziamento DSA, tra cui:

  • potenziamento dei prerequisiti della letto-scrittura (per preparare i bambini dai 5 ai 7 anni ad affrontare con facilità i successivi apprendimenti scolastici e compensare difficoltà evidenziate nell’ultimo anno della scuola dell’infanzia:
    • difficoltà nella comprensione delle parole
    • difficoltà nell’ impugnatura della matita
    • difficoltà nell’espressione verbale
    • difficoltà nella copia da modello
    • difficoltà di disordine nello spazio del foglio
    • difficoltà nell’imparare filastrocche
    • difficoltà nell’attenzione
  • potenziamento sul metodo di studio (per offrire ai bambini dai 7 ai 12 anni un approccio più efficace nello studio, organizzando il lavoro e usando strategie funzionali, qualora durante lo svolgimento dei compiti a casa nell’anno scolastico trascorso ci siano state difficoltà:
    • a concentrarsi
    • a stare attenti
  • di perdita di motivazione
    • a imparare, studiare e fare i compiti in maniera autonoma
    • ad avere una buona autostima
    • a gestire i tempi per svolgere i compiti)
  • potenziamento delle funzioni esecutive
  • allenamento mentale
  • sostegno alla genitorialità
  • consulenza psico-educativa
  • sostegno psicologico e/o psicoterapia ad adolescenti.

 

L’incidenza dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento nella popolazione scolastica italiana è stimabile mediamente attorno al 3-4% a seconda dell’età. Questo significa che in media è ragionevole ipotizzare la presenza di un alunno per classe con queste difficoltà.

I DSA si riferiscono ad un gruppo eterogeneo di disturbi manifestati da significative difficoltà nell’acquisizione e nell’uso di abilità di ascolto, espressione orale, lettura, ragionamento e matematica, presumibilmente dovuti a disfunzioni del sistema nervoso centrale. Possono coesistere con problemi nei comportamenti di autoregolazione, nella percezione sociale e nell’interazione sociale.

In sintesi, si tratta di una gamma diversificata di problematiche nello sviluppo cognitivo e nell’apprendimento scolastico, non imputabili primariamente a fattori di handicap mentale grave e definibili in base al mancato raggiungimento di criteri attesi di apprendimento.

Si distinguono il Disturbo Specifico a carico della lettura (Dislessia), a carico della componente ortografica della scrittura (Disortografia), a carico della componente grafo-motoria della scrittura (Disgrafia), a carico del sistema del calcolo (Discalculia), si riconoscono inoltre la presenza di altre problematiche specifiche a carico di ambiti di apprendimento scolastico come il problem solving, lo studio e la comprensione del testo.

Disturbo Specifico della Lettura (Dislessia)

Con il termine “dislessia specifica evolutiva” si fa riferimento a una difficoltà del bambino nella lettura, non dovuta all’azione di altri fattori, quali per esempio handicap, cattiva istruzione, o altri svantaggi.

Questo Disturbo Specifico dell’Apprendimento è relativo alla lettura strumentale, ossia a quelle abilità di base che consentono di riconoscere le parole contenute in un testo, e si manifesta come una difficoltà a carico dell’automatizzazione (velocità) e/o della correttezza nella lettura.

In questi casi la lettura appare lenta e stentata, a volte sillabata, si caratterizza per la presenza di pause frequenti e/o di errori quali inversioni o sostituzioni di lettere (es.: “prota” per “porta”, “dianco” per “bianco”). Le ricerche italiane hanno mostrato come, a tutte le età, i ragazzi dislessici presentino una velocità di lettura pari a circa la metà rispetto ai bambini senza difficoltà.

In taluni casi la dislessia si presenta con un’alta specificità, ossia senza altre difficoltà associate e senza che vengano rilevati fattori in grado di spiegare diversamente la presenza del disturbo. Il dislessico infatti è molto spesso un bambino intelligente, di buone condizioni socioculturali, senza problemi emotivi rilevanti, che ha fruito di un normale insegnamento e che pure presenta, sin dall’inizio, una sorprendente difficoltà nell’apprendimento della lettura.

Un altro elemento che colpisce nella dislessia è la possibile “ricorrenza familiare” del disturbo, che spesso è presente anche nella storia scolastica di un genitore o di un parente stretto. Non c’è tuttavia accordo tra gli esperti sulla rilevanza da attribuire alla condizione biologica e sulla natura dei correlati neurologici, tanto che si parla normalmente di un fattore predisponente, che può influenzare in maniera più o meno diretta il profilo del bambino e concorrere a creare una difficoltà di lettura.

La ricerca dimostra che spesso la dislessia è associata ad altri quadri problematici, che possono riguardare l’aspetto ortografico della scrittura (Disortografia) o il calcolo (Discalculia), oppure altri disturbi evolutivi, come il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD) o disturbi del comportamento o dell’umore.

Disturbo Specifico della Scrittura – componente ortografica (Disortografia)

Scrivere in lingua italiana significa memorizzare il rapporto tra i suoni di una parola e i corrispondenti simboli grafici, e – in alcuni casi – la relazione tra determinati vocaboli e la loro forma ortografica. Per sapere ad esempio, quali parole contengono “cq” o “q” al posto di “c” (es.: “acqua”, “aquilone”, ecc.) e quali semplicemente “c” (es.: “cuore”), è indispensabile aver associato il significato di una parola con la sua veste grafica, o meglio ortografica. Anche nel caso di alcune combinazioni di parole, generalmente costituite da articolo o preposizione e sostantivo, occorre riconoscere la loro categoria sintattica per poterle trascrivere correttamente (es.: l’aradio/la radio, lerba/l’erba, dinotte/di notte, ecc.). Allo stesso modo, le parole omofone e non omografe (come l’ago/lago, c’ero/cero, ecc.) non possono essere scritte correttamente solo traducendo ogni suono nel simbolo grafico corrispondente, perché è anche necessario risalire dal significato della parola alla sua rappresentazione ortografica. Ci sono inoltre regole da apprendere anche per i suoni che vengono rappresentati con i cosiddetti digrammi e trigrammi (es.: “sc”, “gn”, “chi”, “gli”), mentre una relazione particolare lega gli accenti e le doppie, non tanto ai fonemi che compongono la parola, quanto alle caratteristiche di questi fonemi, come l’accentazione, il prolungamento o la breve pausa di una consonante.

Il bambino disortografico presenta un numero di errori nella scrittura di parole, frasi e periodi maggiore di quanto previsto in base all’età, al profilo intellettivo e al livello d’istruzione, non imputabili alla mancanza di esperienza o a problemi motori e sensoriali. Non si può dire che egli non conosca le regole, ma piuttosto che ha delle difficoltà sottostanti, per esempio nell’analizzare e distinguere i suoni di cui si compone una parola o nell’utilizzare il codice di simboli che lega i suoni agli elementi grafici corrispondenti. Gli errori rilevati più spesso consistono in omissioni di lettere o parti di parola (es.: “pote” per “ponte” o “camica” per “camicia”), sostituzioni (es.: “vaccia” per “faccia”; “parde” per “parte”), o inversioni (es.: “il” per “li”; “spicologia” per “psicologia”), assenza di doppie o accenti.

Spesso la disortografia si associa a una diagnosi di dislessia, perché gli apprendimenti della lettura e della competenza ortografica risultano strettamente legati (Orsolini, Fanari e Maronato, 2005; Vio e Toso, 2007).

Disturbo Specifico della Scrittura – componente grafo-motoria (Disgrafia)

Con il termine “disgrafia” si fa riferimento a una difficoltà specifica a carico dell’aspetto grafico e motorio della scrittura, che risulta disordinata, illeggibile, o caratterizzata da troppa lentezza.

La disgrafia vera e propria riguarda quindi in primo luogo il grafismo e non le regole ortografiche e sintattiche, che pure possono essere coinvolte, se non altro come effetto della frequente impossibilità di rilettura e di autocorrezione da parte dello scrivente. La mano dei bambini disgrafici scorre con fatica sul piano di scrittura, l’impugnatura della penna è molte volte scorretta, e la pressione della mano sul foglio spesso troppo forte o troppo leggera. La capacità di utilizzare lo spazio a disposizione per scrivere è, solitamente, molto ridotta: il bambino non rispetta i margini del foglio, lascia spazi irregolari tra le lettere e tra le parole, non segue la linea di scrittura, procedendo in “salita” o in “discesa” rispetto alla riga. Le dimensioni delle lettere non sono rispettate, la loro forma è spesso irregolare, i legami tra le lettere sono scorretti. Tutto ciò rende spesso la scrittura incomprensibile al bambino stesso, il quale non può quindi neanche individuare e correggere eventuali errori ortografici.

Tra le variabili indicative dell’efficienza dei pattern grafo-motori della scrittura, troviamo innanzitutto due aspetti fondamentali, e cioè la velocità di scrittura dei grafemi e la loro leggibilità. Tuttavia, nell’analisi della padronanza grafica, si prendono in considerazione anche aspetti più specifici, come la buona gestione dello spazio del foglio, la direzione del movimento della mano durante la scrittura, la grandezza relativa (proporzioni tra le parti che costituiscono le lettere) e assoluta, (la spaziatura tra le lettere e tra le parole), l’allineamento delle lettere sul rigo e delle cifre in riga e colonna (abilità che dovrebbero migliorare con l’avanzamento scolastico), la prensione della penna e la pressione della mano sul foglio.

Numerosi studi indicano una correlazione positiva tra velocità di scrittura e leggibilità: il bambino rapido è anche quello che scrive in maniera più leggibile. Ciò non vuol dire che la scrittura veloce è  anche quella più chiara, ma suggerisce che le abilità di scrivere velocemente e in maniera leggibile sono legate a fattori comuni, in particolare a una migliore capacità di coordinazione dei movimenti e ad un’adeguata rappresentazione ortografica.

Disturbo Specifico del Calcolo – (Discalculia)

La discalculia evolutiva si definisce come un disturbo a carico delle abilità numeriche e aritmetiche, che si manifesta in bambini di intelligenza normale. Può presentarsi con una certa frequenza in associazione alla dislessia, o a difficoltà di tipo visuo-spaziale.

Alcune ricerche hanno suggerito che solo il 2.5% della popolazione scolastica presenterebbe difficoltà di calcolo in associazione ad altri disturbi, e solo per percentuali esigue si potrebbe effettivamente parlare di discalculia evolutiva.  In ricerca si tende a differenziare le difficoltà specifiche del calcolo, distinguendo i disturbi che riguardano la conoscenza numerica da quelli relativi al calcolo vero e proprio e alle procedure correlate.

È   importante sottolineare che la discalculia non si riferisce in modo generico a tutta la matematica, ma solo ad alcune abilità di base, che corrispondono all’elaborazione del numero (lettura e scrittura di numeri, giudizio di numerosità o di grandezza, ecc.) e alle procedure necessarie al calcolo, sia a mente che per iscritto.

Tra le principali difficoltà rilevate è possibile ad esempio distinguere errori relativi all’aspetto linguistico del numero (es.: denominazione o trascrizione di numeri, utilizzo dei segni delle operazioni), all’aspetto percettivo (es.: riconoscimento e lettura dei numeri e dei segni aritmetici), o procedurale (es.: procedura di risoluzione delle quattro operazioni).

Numerose evidenze scientifiche confermano che i bambini che hanno successo o falliscono a scuola non differiscono soltanto per le abilità cognitive, ma anche per una serie di fattori emotivi e motivazionali come l’orientamento al compito, l’autostima, l’immagine di sé, il locus of control, il sistema attributivo, la metacognizione e l’autoregolazione (Sideridis, Morgan, Botsas, Padeliadu e Fuchs, 2006).

È   plausibile ipotizzare che nel momento in cui un bambino affetto da un Disturbo Specifico dell’Apprendimento percepisce di non essere all’altezza dei propri pari, anche se limitatamente ad alcuni ambiti di competenza, inizi a mettere in discussione la propria immagine di sé. Il sentirsi diverso dagli altri interferisce negativamente sull’autostima, sull’immagine di sé e sull’aspettativa di ciò che effettivamente egli può apprendere. Spesso la sensazione di non essere all’altezza dei propri coetanei si generalizza, manifestandosi non solo all’interno della classe, ma anche in contesti sociali extra-scolastici (Terras, Thompson e Minnis, 2009).

Evidenze sperimentali confermano infatti che tali studenti esibiscono cognizioni caratterizzate da un basso livello di autostima, un’immagine di sé come studente negativa e uno stile attributivo disfunzionale (Alexander-Passe, 2006; Carroll e Iles, 2006; Prout, Marcal e Marcal, 1992).

Alla luce di questo appare dunque evidente il rischio di sperimentare insoddisfazione e frustrazione a cui i bambini affetti da Disturbi Specifici dell’Apprendimento sono esposti, poiché i loro obiettivi di padronanza sono per definizione insoddisfatti in alcuni domini di competenza ed il confronto con i compagni, soprattutto su standard accademici, è molto probabile che li veda perdenti.

Gli insuccessi sperimentati dal bambino determinano l’abbassamento dell’autostima e, in alcuni casi, la caduta in una situazione di “impotenza appresa” (Cornoldi, 1999) che lo porta ad interpretare gli insuccessi come prova di inadeguatezza, a manifestare stati emotivi negativi di fronte alle prove e aspettative pessimistiche rispetto ai propri risultati.

È   possibile dunque ipotizzare che l’autostima, in particolare relativa all’ambito accademico, possa contribuire in modo significativo all’adattamento psicologico e sociale dei bambini con difficoltà di apprendimento.

La scarsa percezione di abilità scolastiche sembra essere associata non soltanto al livello di adattamento ma anche ai sintomi di natura emotiva e ai problemi di relazione con i pari. L’associazione che lega l’autostima in ambito accademico e le problematiche emozionali è in linea con la proposta di una connessione tra dislessia e disturbi internalizzanti.

Per tutti questi motivi, si suggerisce un intervento professionalizzante e precoce affinché il disturbo di apprendimento specifico non sia l’origine di future problematiche psicologiche.

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