Psicologia giuridica e criminale.

La "psicologia giuridica" è la psicologia applicata al diritto per consentirne un migliore esercizio: è la psicologia applicata al mondo legale e forense.

Purtroppo lo stato attuale della psicologia non permette di utilizzare tutte le nozioni nei vari campi del diritto e ciò fa si, che la psicologia giuridica sia attualmente sia attualmente limitata a determinare capitoli e problemi giuridici. Anche se la psicologia giuridica in Italia è iniziata agli inizi del ‘900, solo in questi ultimi anni è entrata ufficialmente nelle Università Italiane assumendo una legittimità scientifica autonoma.

La psicologia giuridica si applica sia nell’ambito del diritto penale, sia nell’ambito civile; ma lo psicologo forense lo vediamo impegnato anche in altre giurisdizioni, come la magistratura ecclesiastica, la magistratura amministrativa (T.A.R. e Consiglio di Stato). Alla psicologia giuridica si associano le Scienze Criminali.

Tutte le discipline che hanno ad oggetto del proprio studio il problema della criminalità sono definite scienze criminali. Vi entrano, tra le altre, oltre alla criminologia, la vittimologia, la politica criminale, il diritto penale, il diritto penitenziario, la psicologia giudiziaria e giuridica, la criminalistica. Di quello che noi ci interesseremo in questa sede, è la Criminologia, che ha per oggetto lo studio dei fatti delittuosi, quello degli autori del reato e quello dell’indagine sulle diverse forme di reazione sociale alla criminalità.

La criminologia è quindi una scienza interdisciplinare, in quanto ha rapporti con altre discipline che insieme sono impegnate nella ricerca criminologica.

Anche in Italia come in altri paesi del mondo, l’attività del criminologo è sempre più attiva, sono sempre di più i giudici che in ambito penale fanno ricorso a perizia psicologiche e criminologiche, per l’adozione e l’applicazione di pene alternative alla detenzione, per stabilire la pericolosità del reo, per determinare quindi, la pena da infliggere.

I criminologi hanno iniziato a studiare sempre più a fondo le caratteristiche, il comportamento e la personalità del criminale dando origine all’espressione “Criminal Profiling". La premessa di base del "Criminal Profiling" è che il comportamento riflette la personalità. Si presuppone, quindi, che la condotta messa in atto da un criminale, nel corso di un reato, rifletta le caratteristiche della sua personalità.

Nel corso di questo secolo il "Criminal Profiling" ha ricevuto un notevole impulso sia dalle ricerche sul comportamento criminale, sia dagli studi sulle malattie mentali, sia dalle evidenze forensi sulla scena del crimine. Dal settembre 2001 è stata istituita presso il Dipartimento di Psicologia dell'Università degli Studi di Parma, la sezione di Psicologia Investigativa e Psicopatologia delle Condotte Criminali.

Premesso che non esiste una metodologia unica ed universalmente accettata nell’approccio al Criminal Profiling, vi sono però tre fasi per la costruzione scientifica di un profilo che vengono ormai concordemente riconosciute come fondamentali. Esse riguardano lo studio dello scenario, quello della vittima e l’analisi complessiva del delitto. La prima fase del C.P. (Codice Penale) è costituita dall'analisi della scenza del crimine: si occupa essenzialmente delle tracce, delle prove fisiche e dei comportamenti dell’aggressore. La seconda fase è costituita dalla studio della vittima, di fronte ad un caso di omicidio, bisogna comprendere la dinamica dell’aggressione e ipotizzare il tipo di relazione fra aggressore e vittima.

La terza fase del C. P. è costituita dallo studio del delitto. Il crimine infatti deve essere classificato; è stato per esempio un omicidio “espressivo”, “strumentale” o ancora a sfondo “sessuale”?. Classificare correttamente un reato permette di compiere considerazioni sulla personalità dell’autore del reato.

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