Intelligenza.
Potremmo definire l’intelligenza come l’insieme dei processi mentali che consentono all’uomo di apprendere attraverso l’esperienza e adattarsi all’ambiente che lo circonda. I tests di valutazione dello sviluppo intellettivo consistono in una serie di prove con difficoltà crescente che vengono presentate al soggetto allo scopo di elicitare qualche tipo di risposta cui si possa attribuire un punteggio, essi possono essere utilizzati per valutare la capacita’ adattiva citata. Comunque, non bisogna pensare all’intelligenza come qualcosa di statico,essa infatti per il suo complesso dinamismo determinato dall’espressione delle abilità individuali nelle diverse circostanze non puo’ essere pensata come il solo punteggio ad un test. Le definizioni piu’complete di intelligenza la indicano come un entita’ globale, multideterminata e variamente sfaccettata piuttosto che come tratto indipendente e singolarmente definito, essa non corrisponde dunque ad una o piu’ abilità intellettuali (per esempio il ragionamento astratto). Anche se queste ultime possano essere considerate come essenziali o di importanza determinante, il comportamento intelligente puo’ richiedere svariate attitudini o fattori che sono piu’ propri di tratti di personalità e del comportamento volitivo che delle capacita’ cognitive (perseveranza,entusiasmo,controllo degli impulsi ecc.) . Lo psicologo esaminatore terra’ in considerazione tutti questi fattori e il risultato testico non sara’ qualcosa di isolato ,una prova a se’ ,ma concorrerà nella determinazione della diagnosi. Considerare, infatti, il test cognitivo a se’ stante e maneggiare un QI come dato statico e definitivo sono procedimenti che non prendono in considerazione il fatto che la componente emotiva dell’individuo e’ “il primo motore del funzionamento dell’ intelligenza “e che deve quindi essere integrato con le funzioni intellettive stesse.
Le informazioni che questi tests possono fornire, unitamente a tutte le altre raccolte durante i colloqui ed alle reazioni osservate durante le fasi di somministrazione dei tests stessi, si rivelano proficue per identificare l’origine delle problematiche che hanno richiesto l’intervento dello psicologo. I tests, inoltre grazie alla scelta metodologica per cui quasi sempre vengono somministrati da un clinico diverso da quello che conduce i colloqui , possono favorire l’emergere di discrepanze e di contraddizioni rispetto ad altri momenti del processo diagnostico, sia nella qualità del contatto che nei contenuti espressi e cio’ sara’ materiale prezioso per la comprensione del problema.
La somministrazione dei tests è utile in eta’ infantile, in adolescenza e in eta’ adulta e in tutti questi casi l’elemento essenziale per una buona somministrazione e’ stabilire una buona alleanza diagnostica.
ETA’ INFANTILE : la valutazione dell’ intelligenza e’ utile per esaminare e valutare eventuali deficit fino alla determinazione della diagnosi di handicap mentale ,o ancora di valutare disturbi specifici dell’ apprendimento,come dislessia o discalculia , per escludere un eventuale ritardo mentale. Il test cognitivo, valutato solo quantitativamente ha certamente validità per capire un cattivo funzionamento scolastico ed e’ uno strumento indispensabile per identificare quei soggetti che hanno bisogno di ulteriori indagini su deficit cognitivi specifici.
I tests sono indispensabili per comprendere le difficoltà di adattamento pedagogico, familiare,sociale del bambino ed il significato di alcune patologie.. In ogni modo cio’ che risulta particolarmente importante come precedentemente menzionato e’ stabilire una buona alleanza diagnostica sia con il bambino che, prima ancora, con i suoi genitori al fine di permettere ad entrambi di poter utilizzare correttamente i risultati.
ETA’ ADOLESCENZIALE: i ragazzi mentre fanno i tests si esprimono piu’ liberamente di quanto non facciano ai colloqui, essi percepiscono che quanto stanno facendo avra’ una risposta che corrisponde al loro bisogno fisiologico di rispecchiamento. Infatti, riproporre al ragazzo,con le stesse parole quanto lui ha detto,descrivendolo e commentandolo, favorisce il processo di auto-riconoscimento senza il quale nessun adolescente si dispone a prendere in considerazione nessuna ipotesi su di se’. Poter vedere invece il proprio materiale concreto preso in considerazione dal clinico e associato, per esempio, a quanto il ragazzo ha detto su di se’ nei colloqui ,gli permette di attenuare la diffidenza verso un “esaminatore magico”, che interpreta ma” alla fine non sa” Quanto detto vale anche per gli adulti ,ma la valutazione e comunicazione dei risultati dei tests ha un peso specifico per il soggetto in eta’ evolutiva ed adolescenziale.
La possibilità di collocare il soggetto in un punto del continuum che va dalla immaturità alla precocità, appiana molte difficoltà di organizzazione, interpretazione e comunicazione dei risultati , perche’ utilizza l’esame testistico principalmente per rispondere alla domanda “ vediamo a che punto siamo”. Per il paziente adolescente e’ molto spesso proprio il materiale dei test a favorire la comprensione di quello che gli sta capitando e a rafforzare, se non a creare , l’alleanza diagnostica.
ETA’ADULTA : il confronto con elementi diagnostici individuati attraverso strumenti diversi dal colloqui ,permettono un approfondimento mirato di una funzione ,la risoluzione di uno o piu’ dubbi diagnostici. Qualora ci si trovi in situazione di incertezza diagnostica i tests possono: contribuire ad identificare le difficoltà e a individuarne la natura, rilevare ostacoli precedentemente non percepiti e che potrebbero essere significativi per il buon esito di un eventuale trattamento , fornire elementi utilizzabili con il paziente in sede di restituzione, e in fine ma non ultimo illustrargli alcune modalità di funzionamento sue proprie (strategie,tattiche ,difese)in modo piu’ concreto e definito.
La restituzione del risultato testistico al paziente rappresenta un elemento e fase centrale nel utilizzo di un test; e’ impossibile organizzare una restituzione dotata di senso esclusivamente con i dati testistici se il clinico non li ha in precedenza integrati con il, e contestualizzati nel, quadro di funzionamento emerso da tutti gli altri indici clinici. In sintesi la restituzione puo’:permettere al paziente adulto di decidere in piena autonomia di fermarsi nel lavoro per provare da solo. Sta alla valutazione clinica dell’operatore se allearsi o no con lui ,nel senso di esprimere il proprio consenso o dissenso; puo’ favorire la curiosità di andare avanti per pensare alle cose emerse; puo’ portare il paziente a cambiare il proprio punto di vista iniziale ,arrivando a riconoscere che lui prima pensava o di non avere difficoltà, o che le sue difficoltà fossero dovute solo a preoccupazioni dei genitori(nel caso di adolescenti),o che fossero colpa del mondo esterno ,della sfortuna, del destino(soprattutto nel caso di adulti). Invece, dati alla mano, il paziente o l’esaminatore per lui si accorge c’e qualche cosa che non funziona e il soggetto puo’ passare cosi’ al ruolo di individuo attivo con una sua parte nelle iterazioni, tale evento apre la strada all’idea che si puo’cambiare, fare qualcosa per migliorare la situazione ,soprattutto puo’ riaprire la speranza di utilizzare qualcuno per aiutare il soggetto (il clinico) perche’ quest’ultimo e’ stato contatto reale con la sofferenza del paziente,e senza nessuna pretesa. In ogni modo bisogna sottolineare che nel processo restituivo nulla va considerato come una verita’, ma sempre come ipotesi legittimata dai dati.
Alleanza diagnostica = si riferisce a quel rapporto particolare, che si instaura tra clinico e paziente nel corso della consultazione ed implica la possibilità di trovare dei punti di incontro per facilitare e dare luogo ad un momento collaborativo QI= quoziente intellettivo( o meglio quoziente intellettivo di deviazione) ottenuto dal confronto della prestazione al test di un soggetto con i punteggi ottenuti da altri soggetti della stessa eta’(campione rappresentativo)
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